16 gennaio 1979: la fuga dello scià dall'Iran

Mohammad Reza Pahlavi parte da Tehran per non tornare mai più

STORIA

Antonello Sacchetti

5/14/20232 min read

Il 16 gennaio 1979, dopo trentasette anni di regno, lo Scià abbandona l’Iran. Mohammad Reza Pahlavi, il più grande alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente, è costretto a scappare guardando il sogno della sua grande Persia sbriciolarsi per sempre.

Alle 13.00 l’aereo del monarca decolla verso l’Egitto e già nel pomeriggio, a Teheran, la folla organizza cortei gridando per le strade: “Il nemico del popolo è fuggito». La Repubblica Islamica nascerà pochi mesi dopo, guidata dall’Ayatollah Khomeini, arrestato diverse volte e costretto – dal 1963 – all’esilio prima in Turchia, in Iraq e poi in Francia. Il religioso rivoluzionario accusa lo Scià di nepotismo, corruzione e di aver creato un netto divario tra la ricca élite e i ceti più poveri della società iraniana. Khomeini si erge quindi come un’icona di opportunità e riscatto per tutti gli oppressi.

Ecco un breve estratto dal saggio “Iran, 1979. La rivoluzione, la Repubblica islamica, la guerra con l’Iraq” di Antonello Sacchetti che ricorda quei giorni di quarant’anni fa:

“La mattina del 16 gennaio 1979 Mohammad Reza Pahlavi lasciò l’Iran diretto in Egitto per un “periodo di vacanza”. Con lui la famiglia e un numero ristretto di collaboratori. Una foto immortala un ufficiale in borghese che tenta di baciargli i piedi mentre lui lo invita a tirarsi su. Sono le ultime immagini dello scià sul suolo iraniano. Come suo padre, anche l’ultimo imperatore della storia dell’Iran morirà in esilio. Quello stesso pomeriggio, i giornali in edizione straordinaria titolarono semplicemente: “Shah raft”, Lo scià se ne è andato. Le strade delle città si riempirono di manifestanti in festa, mentre il governo Bakhtiar, che pure aveva a lungo chiesto allo scià di lasciare il Paese, fu paradossalmente indebolito da questa svolta. Alcuni ministri rassegnarono le dimissioni prima ancora di insediarsi, mentre il suo rappresentante inviato a Parigi per negoziare con Khomeini non fu nemmeno ricevuto. […] Il 1° febbraio 1979, dopo sedici anni di esilio, il settantaseienne Khomeini ritornava in patria da eroe su un charter dell’Air France […] Khomeini venne accolto da tre milioni di persone e si recò immediatamente nel cimitero di Behesht-e Zahra per rendere pubblico omaggio ai martiri della rivoluzione.”

La rivoluzione, oltre a segnare la storia dell’Iran e di tutto il Medio Oriente, ha toccato la vita di milioni di iraniani: ha diviso e lacerato famiglie, distrutto vite e carriere, dato speranze illusorie e liberato energie insospettabili, affossato e realizzato sogni, segnando profondamente l’esistenza sia di chi quegli eventi storici li ha vissuti sia di chi è nato dopo e ne ha toccato con mano e ne subisce tuttora le conseguenze. Una rivoluzione spesso definita retrograda e antiprogressista, colpevole di aver dato inizio alla stagione del fondamentalismo e integralismo islamico. Antonello Sacchetti, giornalista esperto di Iran, ne ripercorre le origini, le cause e le scintille che la provocarono, anche attraverso le testimonianze dirette di chi l’ha vissuta.

Il libro

Titolo: Iran, 1979. La Rivoluzione, la Repubblica islamica, la guerra con l’Iraq

Autore: Antonello Sacchetti

€ 14,00 – pag. 176